RASSEGNA STAMPA

IL MANIFESTO - L’agente Drago dal G8 a Roma

Genova, 21 dicembre 2010

Più che agli studenti, ai precari, ai cittadini scesi in piazza il 14 dicembre, andrebbe chiesto a chi sta dall’altra parte dei manganelli: agenti, dirigenti di polizia e servizi segreti, ministri e sottosegretari, che a Genova c’erano e oggi sono ancora lì, nonostante gli scempi di allora e le condanne emesse dai tribunali.
Perché, insomma, sorprendersi se a Roma i filmati mostrano ragazzi e ragazze totalmente disarmati, rannicchiati a terra e pestati in strada? Perché scandalizzarsi quando i fermati raccontano i soprusi, le ingiurie e le minacce subite? Perché meravigliarsi quando i verbali d’arresto esibiti davanti ai giudici risultano palesemente falsi? Queste pratiche sono state sperimentate su larga scala e con modalità ancora più feroci alla Diaz, a Bolzaneto, a piazza Manin, nelle strade di Genova.
Nessuno ha mai davvero preso le distanze da quei comportamenti, e i responsabili politici – in modo rigorosamente bipartisan – hanno confermato fiducia incondizionata anche ai dirigenti condannati in appello a Genova per reati gravissimi: parliamo di Gianni De Gennaro, coordinatore dei servizi segreti, di Francesco Gratteri, responsabile dell’Anticrimine, di Giovanni Luperi, direttore del Dipartimento analisi dell’Aisi e altri ancora.
Gli orrori di Genova G8 sono stati così legittimati e nove anni sembrano passati invano.
Il Corriere della Sera nei giorni scorsi ha pubblicato un’intervista con l’agente Drago, soprannome di Gianluca Salvatori, un assistente capo della polizia presente in piazza il 14. “Per noi”, ha detto Drago, “è una vocazione, abbiamo difeso Roma dai barbari (….) Da soli, in 25, abbiamo respinto 5 mila energumeni armati di “male e peggio”, picconi, accette: ma quando ci daranno qualcosa di meglio di uno scudo e un manganello? Dove sono gli idranti e i “capsulum” (un potente lancia-peperoncino)?”
Ebbene anche Drago nel 2001 era a Genova, nel VII nucleo del reparto mobile di Roma che per primo fece irruzione nella scuola Diaz, in una delle operazioni di polizia più violente e vergognose che si ricordino. I capi reparto e i dirigenti sono stati condannati, i semplici agenti hanno invece scampato il processo perché irriconoscibili grazie al casco e al fazzoletto sul viso. Il VII nucleo fu sciolto subito dopo il G8, ma nessuno ha pensato di mettere in discussione la “cultura” e la “pratica” delle forze di polizia, che sembrano fedeli allo scellerato “spirito di Genova”.
E allora perché meravigliarsi degli abusi del 14 dicembre e di un governo che vuole applicare il DASPO a chi difende i propri diritti? Mentre i carabinieri attaccavano il corteo autorizzato delle tute bianche il 20 luglio 2001, nella centrale operativa dei carabinieri vi erano tre parlamentari di Alleanza Nazionale, e il 21, mentre la polizia attaccava il corteo pacifico, nella sala dei carabinieri stazionava Gianfranco Fini, all’epoca indiscusso capo dei Mantovano, dei Gasparri che oggi dicono quello che hanno sempre pensato.
Il centrosinistra, presente oggi in Parlamento, ha cercato in ogni modo di archiviare Genova e la lezione che ne scaturiva, affossando la commissione parlamentare d’inchiesta, rinunciando ad incalzare la destra sul piano dei diritti costituzionali, rifiutando d’impegnarsi per un radicale ricambio di uomini e di cultura all’interno delle forze di polizia. Oggi la Storia presenta il conto. Ieri al movimento di Genova, oggi agli studenti e ai lavoratori.

Vittorio Agnoletto portavoce GSF nel 2001 a Genova
Lorenzo Guadagnucci Comitato Verità e Giustizia per Genova